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Redazione

Giu 26, 2012

La nostra chiave per il mondo: il perdono

Un giorno un vecchio saggio diede al suo discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate.

“Pensa a tutte le persone che hanno fatto o detto qualcosa contro di te recentemente, specialmente quelle che non riesci a perdonare. Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila nel sacco”. Il discepolo pensò ad alcune persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate. “Porta con te il sacco, dovunque vai, per una settimana” disse il saggio. “Poi ne parleremo”.

Inizialmente il discepolo non pensò alla cosa. Portare il sacco non era particolarmente gravoso. Ma dopo un pò, divenne sempre più un gravoso fardello. Sembrava che fosse sempre più faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato. Dopo qualche giorno, il sacco cominciò a puzzare. Le patate marce emettevano un odore acre. Non era solo faticoso portarlo, era anche sgradevole.

Finalmente la settimana terminò. Il saggio domandò al discepolo: “Nessuna riflessione sulla cosa?”. “Sì Maestro” rispose il discepolo. “Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con noi emozioni negative, proprio come queste patate. Questa negatività diventa un fardello per noi, e dopo un pò, peggiora.”

“Sì, questo è esattamente quello che accade quando si coltiva il rancore”.

“Allora, come possiamo alleviare questo fardello?”

“Dobbiamo sforzarci di perdonare”. “Perdonare qualcuno equivale a togliere una patata dal sacco. Quante persone per cui provavi rancore sei capace di perdonare?”

“Ci ho pensato molto, Maestro” disse il discepolo. “Mi è costata molta fatica, ma ho deciso di perdonarli tutti”.

 Ho raccontato questa storia perché sono certo che molte persone, anche se parecchie non lo ammetterebbero, si siano ritrovate, in momenti della loro vita, a sentirsi come il discepolo e a continuare a ripetersi: “Non posso farlo. Non riesco a perdonare!” …. “Ho sofferto troppo e ho completamente distrutto il mio mondo”.

Ecco come risiede tra i denti un perdono mai pronunciato. Adesso sei la vittima designata di quell’orgoglio testardo che ha costruito la tua fierezza, la tua mente è certa dell’interpretazione che fa della propria percezione degli altri, è certa che la sua rabbia sia giustificata e che i suoi giudizi di condanna siano corretti. Ma passano gli anni, passano i giorni, le ore e la tua sicurezza vacilla, tutte le tue certezze cominciano a sgretolarsi e da ogni crepa viene fuori il senso di colpa che non ti lascia mai in pace perché una mente che non perdona, al contrario di una che lo fa, è confusa, paurosa e piena di timori. Senti un peso gravoso appoggiato comodamente sulla tua coscienza che fa si che tu stia male perché qualcuno accanto a te non ha ricevuto il perdono.

E’ come recita una canzone di Elisa: “Questa rabbia, questa zona d’ombra che non voglio vedere, se ne sta là, laggiù dentro di me, ferma sul fondo, smarrita come un bambino. Eppure so che mi appartiene”.

Perché è così difficile dire “perdono”?

Ebbene, il primo ostacolo siamo noi. Si avete capito bene. Ci auto-sabotiamo. Cominciano a venirci in mente pensieri come: “Perché devo fare qualcosa per lui, se mi ha fatto stare male?”, oppure “Se perdono, quello che ha fatto l’altro andava bene” o ancora “Se perdono, posso essere ferita ancora”. E perdonare diventa ancora più complicato quando si ha a che fare con qualcuno che non ammette l’errore o non parla. Il vicino di casa, l’amico, il fratello, la fidanzata che ci ha offeso dal quale aspettiamo per anni delle scuse fatte a nostro modo e non accettiamo quelle fatte a suo modo, creando a nostra volta offese a lui e alla sua famiglia, per le quali non chiediamo scusa perché le riteniamo nostro diritto (“con quello che lui ha fatto a noi!”) …. E così via per mesi, anni, secoli, in una micidiale spirale a catena di ritorsioni, che ci ruba tempo ma soprattutto vita.

Questo perché spesso, ci costruiamo un’idea distorta di cosa significhi realmente perdonare.

Perdonare non è sinonimo di dimenticare,  in quanto col perdono non cerchiamo di dimenticare l’offesa ricevuta, ma solo fare in modo che essa, pur presente nel ricordo, non sia più dolorosa.  Allo stesso modo perdonare non significa riconciliarsi. Possiamo non nutrire più rabbia per l’offesa ricevuta e perdonare l’offensore, ma non intendiamo più avere nessuna relazione con quest’ultimo.

Il perdono è una scelta interiore che ciascuno (chi si è sentito offeso) fa per sé, non per l’altro. Significa scegliere di non vivere più nel passato, di sentirsi liberi da un legame di sofferenza, di accusa e di colpa nei confronti di un’altra persona (chi ha offeso). Per questo non devo/non posso aspettarmi nulla dall’altro, anzi, l’altro non c’entra più con me per quel fatto. Io sono quindi libero di vivere altre esperienze, di voler bene ad altre persone, di tornare ad amare. Il perdono toglie la catena all’anima in ombra e le permette nuovamente di crescere ed evolversi. E’ una via d’uscita da una relazione sbagliata. E’ un atto d’amore nei propri confronti.

Grazie al perdono, grazie all’eliminazione degli occhiali scuri che sovrappongono un passato pieno di paure al presente, possiamo iniziare a essere coscienti che la verità dell’Amore è sempre presente e che  percependo l’Amore possiamo essere felici. Il perdono diventa allora un processo di liberazione da ciò che pensiamo ci abbiano fatto le altre persone o che noi pensiamo di aver fatto loro.

Non sprecate la vostra preziosa esistenza nel disagio causato dalla rabbia, ma scegliete di sentirvi diversi. Siate in grado di perdonare voi stessi, perdonare gli altri, perdonare la vita!

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